L’Intendente Giovan Domenico Piana a Persano

Nadia Parlante, studiosa di arte molto conosciuta e apprezzata  oltre che nostra amica e socia onoraria di “Persano nel Cuore”, ci ha inviato, ed autorizzato a pubblicare, un suo interessantissimo articolo apparso anche nel numero di agosto 2013 del periodico  “Il Saggio”. Ringraziamo Nadia per questo “dono”  anche a nome di quanti leggeranno il suo scritto, come sempre scientificamente rigoroso e piacevole a leggersi.

 L’Intendente Giovan Domenico Piana a Persano

di Nadia Parlante

Nel Settecento la Real Caccia di Persano era gestita da un’intendenza perfettamente organizzata. Il primo Intendente di Persano fu il barone vietrese Scipione Loffredo che ricoprì questo incarico fino al 1763 anno della sua morte. Nel 1753 questi ottenne dal re Carlo Borbone anche il feudo di Campora, unitamente al titolo di marchese. (1) Nella complessa gestione della tenuta di Persano egli era aiutato dall’agente generale dei siti reali, Giovanni Domenico Piana, un colonnello comasco in servizio presso il corpo militare degli ingegneri che nel 1758 si era occupato anche di redigere la planimetria del sito. Come sembrerebbero confermare le lettere, i progetti e i documenti rintracciati finora, fu proprio il Piana a progettare il palazzo di caccia di Persano e a dirigerne i lavori, insieme a quelli del Ponte sul fiume Sele. L’ingegnere Piana proveniva dalla zona dei Laghi, culla dei “Magistri Comacini”, maestranze edilizie di indiscusso valore, di lunga storia e altamente specializzate. L’impegnativa costruzione del palazzo di Persano riservò però al Piana amare sorprese. Infatti, già durante i lavori di costruzione, si verificarono poderosi crolli della struttura che, com’è noto, richiesero l’immediato intervento del famoso architetto Luigi Vanvitelli.

Per molto tempo si è creduto che le origini di Giovan Domenico Piana fossero spagnole, ma più recenti studi, hanno ricondotto le sue origini alla comasca Ponna, dove egli è anche ricordato anche da una lapide commemorativa (2). Alla morte del marchese Scipione Loffredo, avvenuta nel maggio del 1763 “per podagra salita al petto”, subentrò nell’incarico di Intendente di Persano, proprio Giovan Domenico Piana. Per risparmiare sugli alti costi dell’Intendenza di Persano il re, Carlo III Borbone, pensò di riunire nella persona di Piana le due distinte cariche di agente e intendente. Grazie a questo incarico, Giovan Domenico Piana diventò un personaggio molto influente e ricchissimo, come attesta anche l’inedito e principesco testamento.

Sovrintendere alla più vasta riserva di caccia del Re non era cosa da poco, soprattutto se si considera che egli doveva risolvere moltissimi problemi, anche personali, primo fra tutti, l’adattarsi a vivere in una zona malarica e a quei tempi, davvero poco sicura.

Senza contare poi la lotta ai bracconieri, ai briganti e ai lupi, le malattie, la seccatura della conta settimanale degli animali della riserva, la gestione della razza dei cavalli Persano, dei lavoranti e dei fittavoli, le continue dispute col duca di Serre, le richieste di risarcimento presentate giornalmente dalle popolazioni vicine al bosco per i danni causati dallo sconfinamento degli animali selvatici… Bisognava inoltre tenersi sempre pronti all’arrivo del Re e della sua numerosa corte. Preparare le “mene”, i capanni e le postazioni di caccia, ripulire e riparare le strade, i ponti e la scafa, trovare i viveri e gli alloggi in Persano, ad Eboli e nei paesi vicini per gli illustri ospiti etc.

A seguito dell’aggravarsi dei suoi problemi di salute e per godere di un’aria meno mefitica di quella di Persano, il Pianadecise di trascorrere gran parte della stagione primaverile ed estiva nella sua abitazione di Eboli e a Campagna. Trascorreva molto tempo anche al Casino della Duchessa a Postiglione. Dalla lettura del suo testamento e del fitto carteggio intrattenuto da Tanucci con il re ed altri dignitari, è possibile abbozzare un primo profilo biografico di questo personaggio. Il Ministro di Casa Reale Bernardo Tanucci, avrebbe voluto che il Piana fosse più spietato nella lotta ai bracconieri locali che invece questi sembrava tollerare. Infatti, dopo aver constatato che l’inasprimento dei divieti di caccia e delle pene per i trasgressori non sortiva i risultati sperati, l’Intendente suggerì al Tanucci e a re Carlo di non esasperare gli animi delle popolazioni locali con altre condanne ma, permettere ai contadini di sparare all’interno del “miglio di rispetto”, almeno per difendere i propri seminati dall’attacco distruttivo degli animali. Il funzionario tentò più volte di giustificare le continue incursioni da parte degli “insolentissimi rei” altavillesi e serresi nel bosco e nelle sue vicinanze. “L’intolerabile dei danni” – egli scrisse in una lettera a Tanucci- “produce questo peccato”. In questa proposta si intravede, a mio avviso, l’adesione del Piana alla causa delle popolazioni locali, di cui conosceva le tristi condizioni e penso che il suo fu, seppur flebile, un tentativo di mediazione tra gli interessi venatori e ludici del re e quelli “minori” ma pur sacrosanti del popolo, che nell’immenso Bosco di Persano e nei territori coltivabili circostanti aveva sempre trovato una provvidenziale fonte di sostentamento, in molti casi l’unica. D’altra parte, sia il Re che Tanucci, erano perfettamente consapevoli del danno economico che la Caccia di Persano comportava ai fittavoli e alle università confinanti e cercavano di risarcirli immediatamente, per evitare i costosi e interminabili contenziosi già avuti con altri siti. Gran parte delle rendite del real Sito di Persano proveniva proprio dall’affitto delle terre coltivabili e dei pascoli. Gli affitti diminuivano costantemente. Infatti, con la restrizione assoluta imposta dai divieti di caccia, era praticamente impossibile per i contadini disarmati difendere i propri seminati dalle bestie selvatiche che si moltiplicavano in maniera abnorme e scorrazzavano ovunque. Quando poi, nel 1769, il diciottenne Ferdinando proibì ai pastori di Persano di possedere finanche i cani per la custodia delle greggi o qualsiasi altro animale, la situazione peggiorò ulteriormente, come conferma lo stesso Tanucci lamentandosene con il padre, re Carlo: “Per questo nuovo divieto non praticato da Vostra Maestà, e senza il quale erano le cacce copiose di selvatici, non si trovano affittatori, onde nell’affitto di soli tre pascoli delli Stati di Persano si son perduti 1300 ducati annui” (3). Possiamo solo ipotizzare quali fossero i rapporti dell’Intendente Piana con i suoi subalterni, i fittavoli, i massari e i “cavallari” di Persano e il grado di comprensione e partecipazione ai loro non facili problemi quotidiani. Certo è, che insieme alla gente della Chiana, egli trascorse gli ultimi quindici anni della sua vita e nella stessa terra, ad Eboli, desiderò essere sepolto. Dalla lettura delle sue volontà testamentarie appare chiaramente che l’Intendente era un uomo molto religioso, infatti, predispose la fondazione di una cappellania a suo nome nella suo paese di Ponna Inferiore. Con il passare degli anni, la malattia e la scomodità del luogo, dovettero spingere il vecchio intendente di Persano ad allontanandosi sempre più spesso dalla tenuta per ritirarsi nella grande casa che aveva affittato ad Eboli e nelle stanze “alla Duchessa”.

In una fredda giornata di febbraio del 1769, le sue condizioni di salute si aggravarono ulteriormente ed egli si spense. Re Ferdinando e la giovane sposa Maria Carolina con la numerosa Corte, avevano lasciato la Villa da appena qualche settimana, dopo avervi festeggiato l’inizio dell’anno tra feste, balli, fuochi pirotecnici e commedie.

L’Intendente aveva udito per l’ultima volta il guaito dei cani e le grida assordanti dei battitori…ma era ormai giunto anche per lui il tempo di salutare la sua Persano…

Note

  1. L’intendente di Persano Scipione Loffredo (1702-1763) discendeva da una famiglia nobile di Vietri. Possedeva un immenso patrimonio agrario e immobiliare nell’area della Piana del Sele e dei Picentini. Gestiva inoltre numerose masserie e allevamenti bufalini (R. Ricci Pisaturo, I Loffredo di Vietri, marchesi di Campora, edizioni del Centro di Promozione Culturale per il Cilento, Acciaroli (Sa), 2002, p. 41 seg.). Un ringraziamento al gentilissimo prof. Emilio La Greca per la segnalazione del testo e la sua consultazione.

 

  1. M. Ulino, I Borbone delle Due Sicilie e il Real Sito di Persano, in ”Il Postiglione”, anni XIX-XX numeri venti-ventuno, giugno 2008, pp. 187-201; N. Parlante, L’Intendente della Real Caccia di Persano Giovan Domenico Piana (Ponna 1708-Persano 1769), in “Il Postiglione”, anni XXIV-XXV, numeri venticinque-ventisei, giugno 2013, pp. 101-124.

 

  1. R. Mincuzzi, Lettere di Bernardo Tanucci a Carlo III di Borbone (1759-1776), Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, Roma, 1969, p. 567. 

Author: Fausto Bolinesi

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