Con Salvatore Auzino alla (ri)scoperta dei siti reali e degli allevamenti dei cavalli dei Borbone

DSC05858

Testo e foto di Fausto Bolinesi e Salvatore Auzino, foto di Fausto Bolinesi

Con un ritardo di oltre un mese, dovuto a problemi tecnici e non alla nostra volontà, per il quale comunque ci scusiamo soprattutto con il dottor Salvatore Auzino, pubblichiamo alcune immagini della serata e un sunto della sua ampia relazione che ha tenuto lo scorso 28 febbraio nella caserma “Cucci” a Persano. Già avevamo avuto modo di apprezzare le grandi capacità comunicative del dottor Auzino che anche questa volta è riuscito a catturare per oltre un’ora l’attenzione non solo dei non esperti, ma anche di un’autentica autorità nel campo scientifico, il professore Donato Matassino, che ha seguito in prima fila con evidente interesse l’esposizione del relatore. Il dottor Auzino che, non dimentichiamolo, è socio di “Persano nel Cuore”, ha dunque fatto ancora centro regalandoci una serata interessante che ha sicuramente arricchito le nostre conoscenze storiche. E lo ha fatto, oltre che con competenza scientifica, con garbo, eleganza, pacatezza e usando un tono discorsivo che non ha reso affatto pesante un argomento che poteva anche essere ostico e noioso. La serata si è poi conclusa festosamente in un ristorante, come documentano le immagini che pubblichiamo non prima di avere ringraziato il Colonnello Fausto CiriacoTroisi, comandante del Comprensorio militare di Persano e della Caserma “Cucci”, che ha messo a disposizione per il convegno la sala briefing e l’impianto audiovisivo.

Questo slideshow richiede JavaScript.

All’interno del complesso progetto di riqualificazione degli apparati economici, produttivi, militari ed infrastrutturali del Regno di Napoli da parte soprattutto dei primi due sovrani borbonici vanno ascritti a pieno merito i numerosi siti reali, compresi quelli di Carditello, Persano e Ficuzza ove, tra l’altro, venivano allevate pregiate razze equine. I siti reali erano residenze nelle quali i primi due Borbone erano soliti dedicarsi alle tanto amate e famose attività venatorie. Ma considerarle unicamente luoghi di delizie sarebbe assolutamente riduttivo in quanto la caratteristica più interessante di queste strutture è proprio quella di affiancare all’aspetto più strettamente mondano e ludico, esigenze economiche, produttive e militari. Un ramo specifico dell’amministrazione reale, Siti Reali, fu unicamente demandato alla gestione di questi territori mentre con la nascita nel 1795 della Giunta delle permute e delle ricompere, la corona poté beneficiare di efficaci strumenti tecnico-giuridici che permisero l’acquisizione di numerosissime proprietà, assumendo in molti casi una valenza politica ed antifeudale. Comune a tutti i siti con una connotazione agricola ed industriale fu il fatto di essere un importante banco di prova per l’introduzione di numerose migliorie tecniche che interessarono ad esempio l’irrigazione, l’utilizzazione di nuovi macchinari, l’allargamento delle coltivazioni a numerosi terreni incolti. Analogo discorso vale ovviamente per la pastorizia, l’ippicoltura e l’allevamento di bovini. I siti reali contribuirono alla creazione di una rete infrastrutturale rappresentata da strade che li mettevano in comunicazione tra di loro e con la Capitale ed ebbero anche una valenza militare in quanto situati quasi sempre in vicinanza di caserme di cavalleria poste in punti strategici a difesa del regno. Il periodo nel quale si svilupparono i siti reali abbraccia i regni di Carlo III, la reggenza di Tanucci, il lungo e burrascoso regno di Ferdinando IV interrotto dalla breve parentesi della Repubblica Partenopea del 1799 e poi dal decennio francese di Murat. Nel campo dell’arte si abbraccia un periodo che va dalle ultime espressioni del Barocco alle prime del Neoclassico. Nel periodo Barocco campeggiano le figure di Fanzago, Fontana, Caravaggio e la sua scuola. Nel secondo periodo sovrastano le figure di Fuga e soprattutto di Luigi Vanvitelli e della sua scuola di cui rimangono le monumentali opere dell’acquedotto Carolino, della Reggia di Caserta e dell’Albergo dei poveri (Fuga) e del sito di Carditello (Collecini). Nel campo della cultura primeggiano le figure degli illuministi riformatori napoletani rappresentati da Genovesi, Giannone, Filangieri e dal filosofo G.B. Vico autore di una originale e nuova interpretazione della storia.

Siti Reali ed allevamenti di cavalli: Carditello, Persano e Ficuzza

Per molto tempo Carlo III e Ferdinando IV furono visti come particolarmente interessati all’attività venatoria solo a causa di una incondizionata passione che per il primo fungeva anche da rimedio per l’ereditaria ipocondria mentre per il secondo era una autentica ossessione. In realtà la caccia va inserita nel contesto più generale dell’aristocrazia settecentesca in un momento importante di svolta in quanto questa si allontana dalla sua primitiva caratteristica di casta guerriera che si configura come società di corte. La caccia dunque si inserisce in un processo di civilizzazione che disciplina i costumi sociali dell’aristocrazia europea. Essa perde ogni sentore selvatico, ogni rapporto seppur remoto con la guerra, con il coraggio fisico, con la morte, per diventare, quasi fosse una sorta di gigantesco salotto all’aperto, un luogo di esibizione del lusso, delle buone maniere, e delle relazioni sociali. Quindi una pratica che prevedeva determinati rituali, che coinvolgeva l’abbigliamento,l’armamento, l’uso dei cavalli e dei cani e soprattutto i comportamenti, i gesti, le precedenze, le gerarchie e che pertanto fungeva come momento di verifica da parte della corona degli equilibri politici con la nobiltà.

I SITI REALI

Le Reggie di Carditello, Persano e Ficuzza furono accomunate dal fatto che presso di esse si teneva l’allevamento di pregiate razze equine, tra le quali vi fu sempre un interscambio, ma differiscono per le finalità per le quali furono costruite e pertanto anche per l’architettura. Carditello fu dall’inizio un’azienda a proiezione agricola ed allevatoriale, Persano fu una residenza di caccia e sede di allevamento di cavalli e pertanto ebbe una configurazione di stabilimento militare, Ficuzza fu soprattutto una residenza rurale di lusso. Lo stite architettonico che le accomuna è il Neoclassico con in evidenza l’edificio di Carditello, meno eleganti quelli di Persano e Ficuzza.

LE RAZZE EQUINE

Il corsiero Napolitano prende origine dal cavallo mediterraneo e attraverso varie sovrapposizioni di razze equine, dovute alle burrascose vicende storiche del meridione d’ Italia, perviene, prima ad un modello medioevale e poi ad un modello barocco. Carditello fu un “Ippotrofio” modello ove si allevavano e selezionavano prevalentemente cavalli napolitani. Il suo allevamento subì un colpo mortale all’epoca dell’Unità d’Italia, ma lasciò le sue tracce genetiche nella razza Lipizzana, nel Persano e nel Salernitano. A nostro giudizio se ne possono distinguere due varietà: la varietà Campana e quella Apulo Lucana. La mescolanza genetica che ne fu all’origine fu la stessa ma avvenne con modalità diverse nelle due varietà. In quella campana è più evidente l’impronta del turco, in quella apulo-lucana quella del berbero.

Alcuni documenti reperiti di recente presso l’archivio della Sovraintendenza dei Beni Culturali di Caserta evidenziano come l’allevamento di Carditello si rifornisse di giumente in Puglia ed in Lucania. La Real Razza di Persano fu creata da Carlo III di Borbone nel territorio compreso tra il Sele ed il Calore utilizzando le fattrici a sfondo berbero e napolitane residenti nella piana del Sele a cui si aggiunsero, successivamente, cavalle siciliane, pugliesi e calabresi coperte da stalloni turchi, berberi, arabi, persiani e spagnoli. Ne risultò una ben equilibrata mescolanza delle varianti del cavallo mediterraneo. La Real Razza di Ficuzza e L’OrientaleSiciliano. Le ottime qualità del cavallo siciliano erano note fin dall’antichità. La Real Razza di Ficuzza fu voluta da Ferdinando IV durante i suoi due soggiorni siciliani. Fu creata con stalloni della real razza di Persano con fattrici siciliane ricche di sangue arabo, ma ebbe vita breve: infatti nel 1834 essa fu smembrata. Fortunatamente una cinquantina di riproduttori furono utilizzati nel territorio dei Nebrodi e delle Madonie ove infusero il loro prezioso sangue. Successivamente l’opera di selezione e di miglioramento genetico del cavallo siciliano fu portata avanti, fin dall’unità di Italia dal Regio deposito stalloni di Catania con l’importazione di pregiati riproduttori arabi e da alcune famiglie di allevatori privati. La recente opera di selezione che ha recuperato queste antiche linee di sangue ha dato vita alla creazione del P.S.O. siciliano che dal 1988 beneficia di un proprio libro genealogico.

Salvatore Auzino

Per scaricare anche le immagini che hanno illustrato la relazione, clicca QUI

Author: Fausto Bolinesi

Share This Post On